Condizionamenti & Emozioni
Ogni struttura
socio-culturale ci condiziona profondamente non solo nella mentalità, ma anche nelle
emozioni, nei modi di come porci verso ciò che ci circonda e di conseguenza nei
nostri comportamenti. Perciò, prima di affondare in culture ancora oggi
esistenti con strutture e ruoli sociali completamente differenti dai nostri, forse è
opportuno prima ricordare alcuni pilastri del nostro sistema socio-culturale
e di come ci condizionano oramai da millenni di anni.
Torniamo indietro
di circa 7000 anni. Proprio quando subentrò uno sconvolgimento climatico tale,
che portò allo sviluppo dei vari deserti ancora oggi esistenti, come il
Sahara. Con l’accrescere della mancanza
di cibo si formarono i primi nomadi, che seguirono gli spostamenti dei vari
greggi. La concezione di possesso era ancora un’idea inesistente. Si viveva di
ciò che si trovava e si cacciava. Tutto quello che dava la terra, veniva suddivisa
con l’ambiente circostante, come ad esempio il lupo.
Con l’avanzare di
situazioni di necessità e bisogno, i nostri antenati hanno iniziato a impedire
l’accesso alle risorse ad animali selvatici. Quest’atto ha portato con sé delle
conseguenze enormi:
L’inizio della
cultura pastorale, che includeva una concezione di esclusione e non più di divisione con gli altri. Quest’atteggiamento verso l’ambiente iniziò a divenire una
norma con il proseguire delle varie generazioni e percepita come una forma di
costume. Quest’atto di trasformazione culturale ha potuto solo aver luogo, con
un cambiamento emozionale profondo
verso le varie risorse e l’ambiente.
A livello pratico
cosa significa tutto ciò esattamente? Per tracciare un confine, che disegnava
il proprio possesso, bisognava proteggerlo per preservarlo. Ciò includeva anche l’uccisione dell’avversario.
Che spesso erano animali selvatici. Nulla di nuovo per la vita di allora. Ma la
grande novità era la motivazione. C’è
un’enorme differenza se si uccide per mangiare o se si uccide sistematicamente
per proteggere la propria proprietà. Le due forme richiedono congetture
emozionali completamenti differenti verso l’ambiente. Nel primo caso, una vita
viene presa per dare vita ad un’altra. Una concezione che sussiste ancora oggi
in tante tribù indigene. Nel secondo caso, si tratta esclusivamente di volere
la morte dell’altro per poterlo escludere dalla propria vita. La distruzione
dell’altro serve per preservare il proprio possesso. Le differenti emozioni che
richiamano lo stesso atto, sono diametralmente in contrapposizione. Nel primo
caso, dove ci si sente alla pari con l’ambiente e sussistono i principi di
uguaglianza e divisione, l’uccisione di un animale si collega a soddisfazioni e
rallegramenti per nutrire tutto il gruppo. Nel secondo caso, invece, subentrano
sollievo, orgoglio e fierezza per aver eliminato una minaccia e cioè il nemico. Con l’eliminazione del nemico
accade anche lo stabilire di un nuovo ordine.
Per tenere in piedi il nuovo ordine, subentra anche la perdita di fiducia. E
ciò necessita un continuo controllo per proteggere ciò che si ha acquisito. La
quotidianità viene così colorita da un sentire di perenne pericolo. Da
tutta questa insicurezza e disfiducia si forma maggiormente la convinzione del
bisogno di dover uccidere ed escludere l’altro dalle proprie risorse. Nasce l’inimicizia, la sfiducia e l’ostilità verso l’altro, verso il diverso, che è concepito come
nemico, come un pericolo continuo e di conseguenza da tenere lontano da sé. Si
arriva a provare ciò anche verso il proprio simile.
Ciò e molto
altro a riguardo, sono cose che in fin dei conti sappiamo. Ricordarlo non può nuocere. Perché coloriscono in modo profondo anche le nostre relazioni più intime ...
Mi sta venendo in mente di come si comportano gli spermatozoi. Sarà il prossimo tema. Si, perché no. Tanto per ricordare, da dove veniamo ...
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